L'Italia riparte. Con difficoltà, disuguaglianze accresciute e in un contesto europeo e mondiale di forte e diffusa inquietudine dovuta essenzialmente al terrorismo politico/religioso, con città chiuse e blindate, ma riparte.

Lo dicono tutti gli indicatori economici e tutti gli istituti mondiali. Nel 2016 dovrebbero proseguire e rafforzarsi consolidamento e crescita. La disoccupazione diminuisce. Si inverte finalmente la spirale negativa. Per tornare però ai livelli pre-crisi il percorso è lungo e influenzato da molte variabili. Se la crescita si attestasse ad un 2% l’anno vi sarebbe una formidabile spinta e allora non sarebbe un miraggio ritornare a breve agli indici fisiologici del 2008/2009. Anche se dobbiamo osservare che il mondo stenta a ripartire malgrado l’impegno enorme di liquidità e di politiche monetarie tese allo sviluppo (UE, Stati Uniti, Cina, Giappone).

Uno sguardo ancora al nostro Paese: i consumi e la produzione industriale sembrano riprendere fiato e quota, anche grazie al basso costo del petrolio, mentre le disfunzioni della pubblica amministrazione e il gravame di sprechi e doppioni degli oltre 50mila centri di spesa stentano a lasciare il campo a indispensabili quanto ineluttabili dosi di efficienza. Su quest’ultima questione, importantissima per recuperare risorse da indirizzare agli investimenti e alla diminuzione sulle tasse e del debito, anche il quarto commissario della spending review ha gettato la spugna. Si è arreso alle incertezze e tiepidezze del Governo.

Nota assai preoccupante è la continua e ininterrotta ascesa sia del debito pubblico sia della corruzione e del malaffare. Non è certo questa la strada che porta alla riduzione drastica dell’evasione fiscale e ad una maggiore equità sociale.

In riferimento alla legge di stabilità per il 2016 il mondo delle Casse e dei Fondi di previdenza lamenta l’aumento delle imposte dal 20% al 26% sugli utili delle gestioni finanziarie. Ciò incide negativamente sui bilanci e, quindi, sui rendimenti da riconoscere ai conti degli iscritti che, peraltro, allorquando vengano liquidati, sono tassati una seconda volta. Un trattamento pesantemente sperequato, assurdo e insopportabile che riduce le prestazioni e che va corretto senza indugio con un emendamento specifico volto a riportare la tassazione almeno ai livelli dell’anno 2012 ossia al 20%. Noi siamo tra quanti ritengono maturo e per questo è giunto il momento di avviare una profonda riforma delle leggi e delle norme che regolano la vita delle Casse professionali e dei Fondi cui al D.Lgs 509/94, ai quali attribuire uno status diverso, maggiore autonomia degli organi di gestione a fronte di controlli più mirati, minori importi e prelievi fiscali come avviene nel resto d’Europa.

Infine, il contesto con il quale ci confrontiamo quotidianamente è sempre più complesso e necessita, per cercare di garantire le prestazioni attese, di avvalersi di specifici apporti specialistici, soprattutto in tema di investimenti finanziari in quanto le masse monetarie sono elevate e gli equilibri tra rendimenti e rischi non sono più comparabili con il “fai da te”.

Pensioni

I media e l’opinione pubblica sono quotidianamente bombardati da comunicati e interviste del vertice dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, ai quali corrisponde frequentemente il silenzio del Ministro competente. I contenuti spesso parziali e a prescindere, rischiano di generare sospetti, divisioni e conflitti tra generazioni, pur riflettendo realtà e condizioni oggettive che hanno bisogno di interventi e correzioni condivise. Dalla riforma Dini del 1995 ad oggi, la promessa è sempre la stessa: i risparmi previdenziali debbono andare a favore dei giovani. Ebbene, in questi anni i risparmi ci sono stati e sono stati importanti, però la prospettiva previdenziale per i giovani non è certamente migliorata. Anzi è sempre più precaria e della promessa separazione tra assistenza e previdenza se ne continua a parlare da decenni senza fatti conseguenti.

Patrimonio mobiliare e immobiliare

Il 2015 è l’anno nel quale il patrimonio mobiliare per la prima volta è pari al 50% del patrimonio complessivo della Fondazione. Solo fino a qualche anno fa – 2012 – era circa il 40% mentre quello immobiliare oltre il 60%. Il riequilibrio a favore del settore mobiliare, che si evidenzia in depositi, polizze assicurative, obbligazioni e investimenti finanziari gestiti da terzi tramite gara, ha consentito e consente buoni risultati di bilancio che il settore immobiliare – segnato da anni di difficoltà generalizzate – non potrebbe lontanamente generare. Le buone performance del settore mobiliare, conseguite con bassissimi livelli di rischio, hanno permesso di realizzare buoni bilanci e di riconoscere agli iscritti rendimenti di oltre l’1,5% del capitale versato. Forse ancora per anni i ricavi e gli attivi di bilancio dipenderanno in larghissima misura dai risultati della gestione finanziaria.

RECUPERO EVASIONE CONTRIBUTIVA
Nell’ultimo anno, grazie al notevole impegno della apposita Commissione istituita dal C.d.A. e dal lavoro svolto dalla struttura della Fondazione, si è potuto recuperare alla obbligatorietà della iscrizione al Fasc circa 320 aziende per un totale di oltre 1.000 iscritti con un gettito complessivo superiore a 1,2 milioni di euro. Sono dati incoraggianti ma certamente non finali poiché si stima che l’ampiezza della evasione è tutt’ora significativa e multipla di quanto già fatto.

REVISIONE LEGALE DEI CONTI TRIENNIO 2015 -2017
Per la società Fasc Immobiliare è stata confermata, dietro parere vincolante del Collegio Sindacale, la società Mazars - BDO Italia. Per la Fondazione Fasc la graduatoria approvata recentemente dal C.d.A. e condivisa dall’organo di controllo ha determinato l’affidamento di detta attività alla società Trevor S.r.l. per effetto del ribasso di circa il 42% praticato sul prezzo base.

PORZIONI IMMOBILI IN AFFITTO
Le superfici date in affitto dalla società Fasc Immobiliare anche grazie al notevole impegno della struttura societaria risultano in linea con le previsioni. Ciò è ancor più positivo ove si consideri la notevole eccedenza di offerta di immobili (solo a Milano lo sfitto si stima essere di 1,5 milioni di mq), canoni ridotti e facilitazioni varie sono gli ingredienti ulteriori che connotano il mercato.

BILANCIO 2014
Le relazioni a supporto del bilancio 2014 che hanno condotto a ratificare una “riconciliazione contabile” tra il valore dei conti di previdenza iscritti nel sistema contabile ed il valore dei medesimi conti registrati nel sistema gestionale (dettaglio nominativo per singolo iscritto), sono fondate sulla certificazione di società e professionisti di elevata competenza ed esperienza che hanno preso in esame il periodo 1986-1997 e gli effetti prodotti dal 1998 al 2014. L’analisi effettuata ha dimostrato che fino al 1997 il non allineamento tra “competenza pura” e “competenza incassata” ha alterato i rendimenti riconosciuti ai conti degli iscritti. Dal 1998 tale distorsione non si è più verificata a seguito dell’adozione dei principi “civilistici” e di un unico criterio contabile. Per effetto di ciò il valore del disallineamento risulta congelato al 1997. Il ricalcolo effettuato da una società attuariale specializzata sui saldi dei conti di previdenza tuttora attivi e caratterizzati da versamenti mensili e l’invio di richiesta di rimborso di differenze superiori a 10 euro ai titolari di conti liquidati nell’ultimo decennio (2005-2015) è quanto doverosamente e in modo trasparente e certificato abbiamo fatto. La serietà, la rigorosità e la forte assunzione di responsabilità dell’attuale C.d.A. del Fasc a fronte di fatti e questioni delicate e complesse sono ovunque riconosciute e apprezzate.

BUDGET 2015
L’assestamento del Budget 2015 esaminato e approvato dal C.d.A. il 29 ottobre scorso su proposta del Comitato Esecutivo e dietro valutazione positiva del Consiglio di Sorveglianza e del Collegio dei Sindaci, pur risentendo della attuale forte volatilità dei mercati finanziari dovrebbe generare utili complessivi tali da consentire un interesse a favore dei conti degli iscritti di circa l’1% che, se confrontato con i rendimenti riconosciuti ai titoli di stato e c/c, è sicuramente importante e di gran lunga maggiore.

ORGANIZZAZIONE FONDAZIONE E SOCIETÀ IMMOBILIARE
Il C.d.A nella recente seduta del 9 dicembre ha approvato alla unanimità il progetto, di riorganizzazione delle procedure amministrative, contabili e gestionali per Fondazione e società Immobiliare. A seguire nel mese di gennaio sarà proposto e definito l’organigramma delle funzioni e la correlata utilizzazione delle risorse umane dipendenti la cui non dispersione di competenze e la funzionale allocazione è presupposto di efficacia dei processi nonché di livelli adeguati di efficienza.

SEGRETARIO GENERALE
Il C.d.A ha approvato alla unanimità la proposta del Presidente della Fondazione al rinnovo biennale 2016-2017 del contratto di collaborazione del Segretario Generale attuale, Sergio Slavec, apprezzandone l’impegno e le competenze.

Si riporta l’intervista rilasciata dall’On. Lello Di Gioia, Presidente della Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme di previdenza obbligatorie
Il ghirlandaio – 3 dicembre 2015

L’allarme lo ha lanciato per primo Lello Di Gioia, Presidente della Commissione parlamentare di controllo sugli enti pensionistici: l’attuale bozza di decreto del Mef che regolamenta gli investimenti delle Casse di previdenza private limita fortemente l’intervento di questi soggetti nell’economia reale. Cioè fa il contrario di quello che è stato auspicato in questi anni, ovvero aumentare l’intervento di questi investitori istituzionali di lungo termine nelle infrastrutture. Oggi più che mai, per fare in modo che il nostro Paese possa risollevarsi, c'è la necessità di investire in opere infrastrutturali come “l'oro nero del prossimo futuro" afferma Di Gioia, presidente dell'ente da ormai più di due anni, che in una intervista a Il ghirlandaio.com affronta tutti quelli che sono gli aspetti principali e le criticità di un settore, quello previdenziale, che da 20 anni attende una vera e propria riforma.

Presidente, qualcuno lo ha già ribattezzato “l’autunno caldo” delle Casse previdenziali. Tradizionalmente attratte dal mattone e dalla finanza, si è chiesto loro di concentrare i propri sforzi sul mercato domestico e sull’economia reale piuttosto che all’estero. Ma tali input al momento non sembrano essere stati del tutto accolti dal Mef. Cosa bolle in pentola?
Guardiamo con attenzione a quelli che sono i processi di investimento che le Casse stanno facendo e siamo convinti debbano essere privatizzate, controllate e fare investimenti non a rischio con redditività certe che danno, appunto, la garanzia per quelle che sono le pensioni che poi gli iscritti dovranno percepire.

In Italia i fondi delle Casse di previdenza ammontano a circa 70 miliardi di euro. Il problema è come questi 70 miliardi (che poi considerando anche il secondo e il terzo pilastro complessivamente si raggiunge la somma di circa 200 miliardi per la previdenza) vengono investiti: il 70% all'estero e il 30% in Italia, in quest'ultimo caso soprattutto in titoli di Stato. Per fare in modo che questo Paese possa risollevarsi, oggi più che mai, c'è la necessità di investire in opere infrastrutturali. Tanto è vero che la stessa Unione Europea definisce l'investimento per le infrastrutture come 'l'oro nero' del prossimo futuro: la nazione che riesce ad investire molto di più in opere infrastrutturali è quella nazione europea che avrà più investimenti.

E questo cosa potrebbe significare per il nostro Paese?
Ciò significa che una quota significativa dei 70 miliardi di euro dei fondi delle Casse di previdenza potrebbe essere investita in infrastrutture. In particolare, per l'Italia pensiamo ad infrastrutture medie e non grandi perché in quest'ultimo caso si tratterebbe di un investimento non redditizio. Le medie opere infrastrutturali, invece, possono essere realizzate in tempi rapidi e con rendimenti interessanti che, quindi, possono garantire il mantenimento della pensione.

In particolare a che tipi di investimenti pensate?
Siamo convinti che bisogna investire in economia reale. Pensiamo alle piccole opere, come ad esempio i parcheggi, ma anche alla banda ultra larga, alla ricerca, all'energia alternativa, cioè a tutti quegli investimenti innovativi che, comunque, danno sviluppo al Paese e allo stesso tempo redditività per quanto riguarda l'investimento realizzato. É naturale che a fronte di un possibile piano di investimento attraverso un 'fondo dei fondi', con la presenza e la gestione da parte dei rappresentanti delle casse (anche perché ci mettono i soldi ed è quindi giusto che controllino come viene investito il denaro dei loro iscritti), garantito in modo indiretto da parte dello Stato, devono essere date delle risposte.

E quali sono, secondo lei, in questo momento, le risposte più importanti da dare?
Sicuramente la prima e più importante, è quella di armonizzare il sistema di tassazione degli investimenti effettuati dalle Casse a quello europeo. Oggi in Italia sono equiparate a vere e proprie rendite finanziarie, con il prelievo elevato fino al 26%. Sarebbe invece opportuno abbassare il carico fiscale sulle Casse, perché questo è un freno agli investimenti. Inoltre bisogna riaffermare, in tempi rapidi, a livello legislativo l’autonomia degli Enti: non sono pubblici e non devono dunque avere strumenti pubblici: mi riferisco alle procedure pubbliche in materia di appalti, di bilanci o alla fatturazione elettronica. Ma anche alla governance: non si può pensare che all'interno del sistema di controllo delle Casse previdenziali ci sia la presenza di rappresentanti dei ministeri vigilanti, perché ciò sarebbe una contraddizione in termini e in alcuni casi anche conflitto di interessi.

Proprio la stretta sugli investimenti, la loro defiscalizzazione e l’allungamento del credito di imposta per gli investimenti di lungo termine, sono alcuni dei confronti più caldi in atto al Tesoro che su questi temi ha già pronta una bozza di decreto ora al Consiglio di Stato. Crede sia il caso di fare un po’ di ordine?
Direi di sì. Su questo decreto siamo sempre stati critici e siamo convinti che alcuni aspetti debbano essere cambiati. Non si può pensare di investire molto in mobiliare perché questo limiterebbe molto gli investimenti nell'economia reale (la bozza del decreto che Ilghirlandaio.com ha potuto visionare, prevede, infatti, che soltanto il 10% del patrimonio potrà essere utilizzato per infrastrutture e private equity. Obbliga invece le Casse ad avere il 65% del patrimonio in strumenti liquidi come titoli di Stato e volatilità cartolare, ndr) come d'altronde sosteniamo che non si può pensare di far ridurre l'intervento immobiliare al 20% con rapidità, visto che il mercato è fermo e si rischia di svendere tutto il patrimonio immobiliare. Bisogna, invece, mantenere ferma, per il momento, la quota di immobiliare del 30%, per poi, nel momento in cui il mercato si riprenderà, ridurre ulteriormente questa quota. Anche se poi bisogna distinguere l'immobiliare commerciale (con rendite più alte) dal residenziale (quota questa che va ridotta cercando però anche di garantire gli inquilini che sono in una fascia medio bassa di reddito).

E su questi temi che ruolo hanno le lobby?
C'è un mondo finanziario che, naturalmente, sta guardando con molta attenzione a quello che potrebbe accadere visto che tante sgr hanno costituito molti fondi che hanno nella loro pancia moltissimo risparmio previdenziale. Poi quello che accadrà lo verificheremo strada facendo.

Il tempo stabilito dal decreto per adeguarsi ai nuovi paletti è di 18 mesi. Crede sia un tempo sufficiente per le Casse per mettersi in regola con le nuove regole?
Penso di si, almeno da un punto di vista di strutture. Il decreto stabilisce che tutte le Casse devono avere al proprio interno una struttura finanziaria capace di controllare gli investimenti oppure affidarsi all'esterno con strutture che siano qualificate. Da questo punto di vista alcune Casse si stanno già organizzando e hanno già costituito nel proprio interno un ufficio finanziario competente. Si tratta, in particolare, delle Casse più grandi che hanno capacità finanziarie enormi e sono già in grado di potersi costruirsi una propria struttura finanziaria. Per le Casse piccole, invece, diventa più problematico. Questo problema potrebbe essere bypassato attraverso l'Adepp (L'Associazione degli enti previdenziali, ndr.) che potrebbe costruire un sistema di servizi anche verso le Casse più piccole.

Presidente, un'ultima domanda. A una ventina di anni dall’ultimo decreto legislativo che ha permesso la nascita degli Enti pensionistici dei professionisti cosiddetti «di nuova generazione» (il dlgs 103/1996), secondo lei a questo punto, come andrebbe riorganizzato il sistema delle Casse?
Quel che è certo è che il quadro generale va rivisto, perché 21 enti sono troppi. Il ragionamento che stiamo tentando di costruire, ovviamente coinvolgendo le Casse, è quello di cercare di mettere insieme tutte queste Casse in virtù di tipologie simili: ci sembra quanto mai opportuno che, per esempio, i medici, gli infermieri e gli psicologi possano avere una cassa unica. Lo stesso vale per i notai e gli avvocati. Grandi passi avanti invece sono stati fatti sul piano della trasparenza. Nel 2014 abbiamo fatto ben 65 audizioni e abbiamo notato che molte Casse stanno usando un sistema di trasparenza importante. Altre si stanno avviando verso questo processo che riteniamo essenziale. L'importante è che ormai questo processo è avviato e non tornerà più indietro.